Il coraggio (e il bisogno)
di regredire. Dalla semantica
alla fonetica, dal significato
al puro e semplice
suono delle parole

di Silvano Tagliagambe
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 177-208

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Buona parte del pensiero contemporaneo si basa sull’idea che la funzione principale del linguaggio sia quella di rappresentare com’è il mondo e che pertanto la nozione di rappresentazione debba svolgere un ruolo fondamentale in ogni spiegazione del linguaggio e utilizzazione della lingua. Ma il crescente uso improprio e abuso del linguaggio alterano la conoscenza concettuale così come quella semantica e fanno sì che una parola o una frase perdano un significato per l’ascoltatore, che poi percepisce il discorso come suoni senza senso ripetuti. Può quindi essere istruttivo un passo indietro, una regressione al livello della fonetica, al solo suono delle parole, ed esaminare l’approccio radicalmente deflazionistico ispirato da Tarski e propagato da Quine e altri. Laddove appare il “devirgolettamento”, le nostre teorie semantiche tendono a perdere potere esplicativo. L’intuizione originale di Tarski era che la semantica vero-condizionale di qualsiasi lingua deve essere indicata in modo ricorsivo in un metalinguaggio distinto in termini di soddisfazione delle formule, che comprendono predicati e variabili libere, per evitare le forme paradossali di autoreferenzialità. Si conviene che questa posizione non includa la conoscenza semantica della lingua di riferimento, che si presenta a livello fonologico o ortografico.

 

Parole chiave: verità, dimostrabilità, autoriferimento, devirgolettamento, verisimilitudine, fonetica.

 

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