17/1998
PASSIONI DELL’ANIMA

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Mario Vegetti, “La psicopatologia delle passioni nella medicina antica”/]ean Starobinski, “La lezione di Galeno. Macchine e passioni”/Carlo Sini, “La passione della verità”/Riccardo Dalle Luche, “Noia”/Romolo Rossi e Piera Fele, “Clinica della nostalgia. Norma e patologia del nóstos”/Mario Rossi Monti, “Sulle orme della vergogna”/Primo Lorenzi, “‘Bruciar d’amore’”/MATERIALI/Eugène Minkowski, “L’affettività” /POSTILLA/Andrea Zhok, “Passione e contraddizione materiale: un modello”

 

[…] Soltanto nel secondo secolo dopo Cristo, con Galeno, il pensiero medico sarebbe intervenuto direttamente nella questione della psicopatologia delle passioni.

Nel grande trattato De placitis Hippocratis et Platonis, Galeno aveva operato una profonda rivisitazione delle posizioni platoniche – e una altrettanto radicale critica di quelle stoiche – anche alla luce degli sviluppi dell’ anatomo-fìsiologia: essi rivalutavano, in modo in certo senso sorprendente, la tripartizione dell’anima di Repubblica e Timeo, perché mettevano in luce una struttura trifunzionale dell’organismo centrata sui grandi sistemi cervello/nervi, cuore/arterie, fegato/vene, cui poteva venire facilmente rapportato il vecchio insieme delle funzioni psichiche (percezione/ ragione, emozione, desiderio). Se nell’ operetta sulle Passioni e gli errori dell’anima Galeno si limitava a ribadire una veduta platonico-aristotelica del problema, era invece nello scritto intitolato I costumi dell’anima dipendono dai temperamenti del corpo che egli proponeva una ripresa di controllo dell’intera questione della psicopatologia da parte della medicina, destinata a restare in un certo senso epocale.

Contro gli stoici, e invece fedele a Platone, Galeno vi sostiene in primo luogo che la radice della malattia passionale dell’anima non proviene dall’ ambiente esterno, dal condizionamento sociale, bensì dall’interno dell’io, cioè da una struttura dell’anima che ospita in se stessa la contraddizione fra un principio di razionalità e due sorgenti motivazionali irrazionali, le parti emotiva e desiderante. La tripartizione platonica dell’anima viene però elaborata da Galeno secondo le categorie della psicofìsiologia aristotelica. Che cosa significa l’asserzione del Timeo secondo cui le parti dell’anima “hanno sede” in diversi organi corporei? Non si tratta del rapporto fra un inquilino e il suo appartamento; piuttosto, aristotelicamente, si dovrà pensare a quello fra l’organo e la sua funzione. Così, come la visione è la funzione dell’occhio, il pensiero e la norma morale saranno la funzione del cervello, l’emozione collerica quella del cuore, il desiderio quella del fegato (gli organi sessuali sono qui trascurati da Galeno, anche in ossequio al declassamento, già operato da Aristotele, della pulsione erotica a pura esigenza riproduttiva).

Tutto questo porta a due conseguenze decisive. La prima resta sostanzialmente inespressa, e solo implicita in Galeno: l’appartenenza delle funzioni psichiche a sistemi fisiologici differenziati elimina le relazioni infrapsichiche fra diversi centri motivazionali, che rendeva radicalmente politica la questione del governo della condotta in Platone. Se la ragione non governa l’io, ciò non dipende ora tanto dal fatto che la forza dell’emozione o delle passioni del desiderio prevalgono su di essa. Si tratta invece, secondo Galeno, di una disfunzione dell’organo di cui le motivazioni razionali e morali sono funzione, cioè il cervello, proprio come la miopia è dovuta a una disfunzione dell’occhio. La malattia dell’anima può venire a questo punto interpretata come la malattia ‘organica’ del cervello. Si è viziosi o perversi o passionali perché il cervello non è in grado di erogare la sua normale funzione razionale-morale. E ciò è dovuto, secondo Galeno, ad una lesione organica – e più precisamente a un difetto nel contemperamento (krasis) degli elementi costitutivi di questo organo (eccesso o difetto di calore o freddezza, di secchezza o umidità, a loro volta connessi agli umori ‘caninici’, sangue, bile gialla e nera, flegma); questo difetto può essere intervenuto durante il processo di formazione embrionale o in seguito, a causa di squilibri alimentari o di regime. Ne viene con chiarezza che la terapia della condotta passionale o comunque intellettualmente e moralmente deviante, nei casi estremi, non è più di competenza del filosofo o del ‘direttore di coscienza’, bensì del medico, l’unico in grado di ristabilire la corretta funzionalità del cervello e con essa della sua capacità di controllo della condotta.

Tutto questo fa inoltre collassare il tradizionale parallelismo, platonico-aristotelico, fra il giudice e il tribunale, ‘medici’ dell’anima e delle sue condotte, e il medico, ‘giudice’ del corpo. Se la devianza morale e dunque pubblica ha un’esclusiva matrice organica, nei casi estremi non spetterà al giudice di vagliarne le responsabilità e sanzionarle con la pena. L’unico intervento legittimo è quello del medico, volto a ripristinare la normale funzionalità intellettuale, quando ciò è possibile, oppure a pronunciare una diagnosi di incurabilità, se la lesione cerebrale è irreversibile. In tal caso, alla diagnosi dovrà conseguire la sentenza di condanna a morte, scrive Galeno, non perché il deviante sia responsabile della sua condotta, bensì per un necessario comportamento di autodifesa del corpo sociale ‘sano’: allo stesso modo si uccidono scorpioni e serpenti, non perché siano responsabili del loro veleno, ma perché pericolosi per la vita altrui.

Su queste basi, Galeno poteva costruire i lineamenti di una fisiognomica scientifica, che diventa la base per una diagnostica medica dei temperamenti passionali.

La prevalenza dei diversi umori nel ‘temperamento’ corporeo, diagnosticabile anche a partire dall’ osservazione esterna, permette di comprendere i caratteri psichici. Nascono così i ‘caratteri’ destinati ad una durevole fortuna: il sanguigno, il collerico (bile nera), il melanconico (bile gialla), il flemmatico, nonché le rispettive combinazioni secondo coppie compositive o oppositive accuratamente classificate da Galeno nel De temperamentis. Ciò che è notevole in questa fisiognomica a base organica e umorale, è che il comportamento passionale viene perdendo il referente esterno come movente essenziale. In altri termini, la reazione collerica, o la spinta erotica, sono principalmente dovute a eccessi umorali interni all’organismo (predominanza di sangue o di seme), rispetto ai quali le ragioni esterne (l’offesa che suscita il desiderio di vendetta, o l’oggetto del desiderio amoroso) decadono alla condizione di pretesti scatenanti. La relativa terapia sarà dunque prevalente mente medicalizzata (salassi, diete riscaldanti o evacuanti).

La presa di controllo del medico sull’universo della patologia passionale, così motivata e promossa da Galeno, era destinata ad avere, come è facile vedere, una duratura posterità. Sempre di nuovo, l’universo del disordine emotivo, delle condotte passionali, tenderà a venire descritto non nel linguaggio dei sentimenti pubblici o privati, bensì in quello della

patologia medica, e più tardi psichiatrica. La tristezza, per esempio, continuerà a venire descritta come ‘melancolia’, e più tardi come ‘depressione’; l’ira, come effetto di un temperamento atrabiliare, e più tardi ‘aggressivo’. Non cesserà, d’altro canto, la sovrapposizione non priva di equivoci fra moralista, giudice e medico (ai nostri giorni, psichiatra).

Mario Vegetti

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