Cura e parola: un intreccio necessario

di Enrico Ferrari
«atque», 28-29 n.s., 2021, pp. 41-55

La storia ufficiale della talking cure prende avvio quando Anna O. sperimenta che la parola può far superare il mutismo della perdita. Del resto, un po’ temerariamente, possiamo anche affermare che, se l’uomo non sperimentasse la perdita e la caduta, non avrebbe bisogno né desiderio di parlare. Per questo motivo, parola e cura condividono la medesima origine e il medesimo destino, che è quello di provvedere a sé stessi e all’altro favorendo la comunanza e, allo stesso tempo, il collegamento tra i diversi livelli esperienziali: quello sensoriale, emotivo e ideico.
Curativa non può essere la parola delirante perché assolutizza l’idea negando la sensorialità del corpo e, nemmeno, la parola ipocondriaca perché rimane prigioniera dei sensi e non accede alle idee. La parola cura quando diventa parola erotica, che sa abitare la perdita tessendo legami. E la parola cura quando diventa parola estetica, che sente e fa sentire permettendo la globalità della conoscenza e dell’esistenza.
 
Parole chiavetalking cure, perdita, spaesamento, sorge, parola erotica, parola estetica
 
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