Rousseau e l’ingannevole sogno dell’utopia come fine del risentimento

di Alfonso M. Iacono
«atque», 19 n.s., 2016, pp. 141-152

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Le utopie sognano la fine del risentimento. E forse per questo sono noiose. Ad Amaurote, la città dell’isola di Utopia di Thomas More non vi è risentimento e neanche conflitto. Se poniamo Rousseau fra gli utopisti, così come ha sostenuto Bronislaw Backzo, e per di più fra gli utopisti egualitari, la domanda che si pone è come sia possibile separare un ideale meraviglioso come l’eguaglianza dalla noia di un sistema sociale senza conflitti o risentimenti. Rousseau non vi riesce. Pensare l’eguaglianza come pacificazione contro la diseguaglianza in quanto conflitto e risentimento, ha tolto vitalità all’utopia. La confusione dell’eguaglianza con il conformismo e con l’omologazione è il motivo che ha portato il sogno delle utopie a infrangersi nella noia, nel grigiore, nella stessa subordinazione che esse volevano togliere, e a giusta ragione, dalla storia.

 

Parole chiave: utopia, risentimento, sogno, Rousseau.

 

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