3-4 n.s./2008
IL PRESENTE

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a cura di Paolo Francesco Pieri

 

PREFAZIONE/Paolo Francesco Pieri, “Il presente rappresentato”/POLITICA E RETORICA DEL PRESENTE/Silvano Tagliagambe, “Il presente e l’ontologia delle relazioni”/Fabrizio Desideri, “Uno sguardo sul presente: relativismo, pluralismo e identità umana”/Roberto Finelli, “Il presente come soap-opera”/Riccardo Scarcia, “Fermare il tempo. Applicazioni di cronografia romana”/Daniel Dennett e Marcel Kinsbourn , “Il tempo e osservatore. Il dove e il quando della coscienza nel cervello”/Enzo Vittorio Trapanese, “La tirannide del presente”/ESSENZA DEL PRESENTE/Roberta De Monticelli, “Alla presenza delle cose stesse. Saggio sull’attenzione fenomenologica”/Antonino Trizzino, “Tempo in abbandono”/Daniela Palliccia, “Bachelard e la ‘rottura’ fenomelogica dell’istante immaginale”/PSICOLOGIA E PSICOPATOLOGIA DEL PRESENTE/Mario Rossi Monti, “Psicopatologia e figure del presente”/Luciano Perez, “Il tempo del puer”/Elena Cristiani, “Il presente in analisi”/Vittorio Lingiardi e Francesco De Bei, “Al punto fermo del mondo che ruota”/Benedetto Farina, “Il presente dissociato”/Anna Sabatini, “Terrorismo suicida come patologia psico-sociale”/Arnaldo Benini e Claudio Bassetti, “Il senso del tempo e i disturbi neurologici del presente”

 

Il presente cui questo fascicolo fa riferimento, attiene soprattutto alla vita della mente e quindi al presente dell’esistenza, al presente della coscienza, al presente della percezione, al presente dell’esperienza, al presente della memoria.

Occorre, però, innanzitutto una precisazione terminologica. In psicologia il tempo è l’ordine misurabile del movimento e quindi la sua geometrizzazione, talché una quantità fisicamente determinabile esprime la durata effettiva di un evento. In tale accezione il tempo è cronologia e in quanto tale si usa in psicologia sperimentale dove per esempio la misurazione cronologica dell’intervallo di tempo che intercorre tra l’esposizione di un soggetto a una parola stimolo e l’emissione della sua risposta, consente il confronto con il risultato medio di altre prove e una eventuale differenza è segno di tematiche complessuali che la mente del soggetto evidenzia, ma sarebbe un errore usarlo anche nella cura analitica quando per esempio viene considerato eccessivo il tempo che occorre al paziente per parlare di determinate cose – non tenendo conto che le cose che sono interessanti per l’analista sono diverse da quelle che sono importanti per il paziente.

Un simile errore introduce la seconda nozione del tempo dove anziché indicare l’ordine misurabile del movimento è propriamente il segno dello stesso movimento psichico che si alimenta d’intenzioni, di ricordi e di progetti, e quindi è un elemento che giacendo sulla quotapsichica segnala l’apertura rappresentativa verso il presente e che nello stesso presente si dà verso il passato attraverso il ricordare o che si dà verso il futuro attraverso il progettare e lo sperare.

D’altronde Agostino formulava una serie di considerazioni sul tempo che vale qui la pena di ricordare: «Cos’è il tempo? Chi saprebbe spiegarlo in forma piana e breve? Chi saprebbe formarsene anche solo il concetto nella mente, per poi esprimerlo in parole? Eppure, quale parola più familiare e nota del tempo ritorna nelle nostre conversazioni? Quando siamo noi a parlarne, certo intendiamo, e intendiamo anche quando ne udiamo altri parlare. Che cos’è dunque il tempo? Se nessuno mi interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi mi interroga, non lo so». E dopo queste domande poneva la considerazione che segue: «Questo però posso dire con fiducia di sapere: senza nulla che passi, non esisterebbe un tempo passato; senza nulla che venga non esisterebbe un tempo futuro; senza nulla che esista, non esisterebbe un tempo presente». Per poi concludere: «Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esiste. È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse è esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell’animo e non vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l’attesa» (Agostino, Le confessioni, Einaudi, Torino 1966).

C’è da dire che la temporalità è da intendere come una dimensione radicale dell’esistenza umana, e che le categorie temporali assumono forme rappresentative differenti parallelamente ai mutamenti che intervengono nelle condizioni emozionali umane e psicologiche. Per esempio, l’essere profondamente disturbati dall’ansia ma anche il semplice essere sfiorati da uno stato d’animo ansioso fa assumere all’esperienza del tempo una forma particolare.

Per una tale ragione il sapere che la coscienza soggettiva del tempo e quindi la sua esperienza interiore è in stretto rapporto con l’ambiente che i differenti stati d’animo creano, induce a cercar di conoscere i vari modelli psicologici e umani della temporalità. Una tale indagine consente allo psicoterapeuta intanto di non confliggere con quelli di cui è portatore l’altro da sé, che magari è immerso nella tristezza oppure nell’angoscia, nella disperazione oppure nella dissociazione psicopatologica. E gli consente altresì di chiarificare meglio le strutture essenziali di quelle esperienze che egli aveva in tal modo tematizzato.

Solitamente del tempo si tende a distinguere un tempo geometrico e un tempo vissuto ponendo da un lato il tempo oggettivo dell’orologio che scorre in modo continuo e omogeneo, e dall’altro il tempo soggettivo che si svolge invece con modalità discontinue e disarticolate, e ciascuna di queste modalità è correlabile al fatto che nel suo rifrangersi con quelle che sono le specifiche situazioni emozionali della soggettività il tempo geometrico subisce delle vere e proprie metamorfosi: il tempo oggettivo nel diventare un tempo umanamente e psicologicamente vissuto, frena o accelera, è inibito o precipita tumultuosamente, a seconda che siamo riposati o stanchi, siamo lieti o tristi, siamo interessati o annoiati, siamo allegri o disperati.

Sappiamo come nella tristezza profonda dell’esperienza depressiva ciascuna delle tre dimensioni agostiniane del tempo subisce amputazioni o vere e proprie cancellazioni: il presente del futuro che era semplicemente oscurato nella tristezza esistenziale, si cancella; e il presente del presente sopravvive a brandelli fintanto che il dilagare del presente del passato non finisce col risucchiarlo. Sappiamo invece che nell’ansia le tre dimensioni agostiniane del tempo si collegano reciprocamente ma, insieme, subiscono modificazioni profonde: il presente del futuro e il presente del passato precipitano nel presente tout court divenendo indistinguibili e con-fuse tra loro, e con il presente stesso, talché si assiste a un “qui e ora” istantaneo e irrevocabile dove le cose “eventuali” appaiono già realizzate e dove gli eventi del passato rifluiscono e dilagano come se fossero attuali. Sappiamo infine che nell’esperienza psicotica la dimensione agostiniana del presente del passato la fa, per così dire, da padrone sulle altre due dimensioni: il tempo vissuto sembra esclusivamente costituito da ripetizioni, inesauribili, del passato.

La realtà del tempo (il tempo reale) risente e non può non risentire delle varie rappresentazioni che se ne hanno, sia sul piano individuale che su quello collettivo. In altri termini, il tempo è ogni volta scandito in modi differenti. Lo stare insieme di una persona con un’altra comporta sempre il dover affrontare la difficoltà di una sincronizzazione di tempi diversi. Si potrebbe dire che la questione da risolvere sia quella del ritmo, o meglio quella del sentimento della ritmicità, dove per ritmo si intende non solo l’alternarsi periodico e regolare di un qualche elemento ma anche il venir meno o il variare di uno stesso elemento (P.F. Pieri, voce “Ritmo”, in Dizionario junghiano, Bollati Boringhieri, Torino 1998, pp. 626 sg.).

Per esempio, il presente del presente di un medico assorbito dalla sua quotidiana attività routinaria è bruciato dalla sua fretta e dalla sua impazienza, e per ciò non è lo stesso di quello del suo paziente che invece è alimentato dalla sofferenza.

Nell’ambito della psicologia il problema della temporalità è stato assunto secondo la linea di contatto che si dà tra la stessa temporalità e l’individuo. In questo senso si parla dell’adattamento al tempo da parte dell’individuo ma anche della produzione del tempo da parte dell’individuo. Sono state così osservate le modalità con cui un individuo conosce il tempo, lo usa e usandolo si colloca nel mutamento che lo trascina, e sono state inoltre prese in considerazione le interazioni che per costruire la rappresentazione del tempo intercorrono tra i diversi fattori cognitivi, emotivi e motivazionali dell’individuo stesso.

Sappiamo, infatti, come Jean Piaget abbia osservato che l’oggetto tempo ha bisogno di una rappresentazione mentale e che tale rappresentazione si costituisce con lo sviluppo cognitivo del bambino, e che quindi è possibile che si determini soltanto insieme ad altre correlate rappresentazioni, tra cui la rappresentazione dello spazio, la rappresentazione dell’oggetto e del suo permanere nello stesso spazio, la rappresentazione, infine, delle relazioni causali.

Sappiamo inoltre come il pensiero psicoanalitico e quello fenomenologico abbiano posto l’accento sul rapporto tra schema di riferimento temporale e costruzione dell’identità personale.

Sempre di più si delinea nello stesso ambito della psicologia un approccio al problema della temporalità che ruota intorno all’interazione individuo-mondo, e per ciò decadendo il concetto di nozione temporale come capacità di un individuo di rappresentarsi il tempo al fine di dare un significato unitario alla percezione dei cambiamenti nell’ambiente, nasce il concetto di orizzonte temporale come insieme di punti di riferimento, soprattutto sociali, su cui l’individuo dispiega le proprie dimensioni temporali (passato, presente, futuro), e diventa sempre più centrale il concetto di prospettiva temporale che, all’interno dell’orizzonte temporale, consente una maggiore esplicitazione della relazione dinamica che intercorre tra individuo e mondo-ambiente.

Non mancano, anche nell’ambito della psicologia dello sviluppo, studi recenti che hanno individuato che la prospettiva temporale si viene a formare in maniera precoce insieme al costituirsi del senso del Sé, e che è determinata da fattori della cultura. In questo senso individui, gruppi e culture possono essere meglio compresi nei termini delle differenti prospettive temporali che adottano. Partendo dal fatto che passato, presente e futuro incidono diversamente in ogni gruppo sociale, si è per esempio rilevato che individui con livelli di vita economica bassi sviluppano un senso del presente molto

profondo e un senso del futuro molto ristretto, che culture con confessioni religiose che veicolano riti ancestrali sviluppano negli individui un senso del passato molto alto, e che gli individui della società occidentale moderna hanno come dominante mentale la preoccupazione per il futuro. Si è anche osservato che l’organizzazione della prospettiva temporale è soggetta a condizioni storico-culturali ma anche a differenze individuali. Si è rilevato che in uno stesso ambiente esistono bambini i quali rispetto ad altri sono più orientati sul presente. E si è notato in bambini allevati in istituti rispetto a quelli allevati in famiglia una prospettiva temporale dove manca l’auspicabile bilanciamento delle varie dimensioni temporali: questi bambini sembrano possedere una prospettiva temporale ristretta dove la rappresentazione del presente è più sviluppata sia del passato che essendo rappresentato troppo negativamente viene rifiutato, sia del futuro che di per sé è poco rappresentabile per quanto sia desiderato.

Paolo Francesco Pieri

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