16 n.s./2015
LE FIGURE DELLA CURA. PRATICHE PSICOTERAPEUTICHE E PRATICHE FILOSOFICHE

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a cura di Roberto Manciocchi, Paolo Francesco Pieri, Amedeo Ruberto

 

PREFAZIONE I curatori//PARTE PRIMA – SULLA CURA/Paolo Francesco Pieri, Tra psicoterapia e filosofia. Ovvero sulla cura e le sue varie declinazioni/Fabrizio Desideri, Dialogo sulla cura//PARTE SECONDA – DI COSA AVER CURA/Carlo Sini, Aver cura del sapere/Adriano Fabris, La filosofia e la cura di sé/Remo Bodei, Curare il dolore dell’anima. Su alcune tecniche eterodosse e sulla funzione terapeutica della filosofia//PARTE TERZA – ATTRAVERSO COSA SI CURA/ Mario Vegetti, Fra Platone e Galeno: curare il corpo attraverso l’anima, o l’anima attraverso il corpo?/ Alessandro Pagnini, Ma le storie, curano? Storie, simboli, effetti placebo/ Amedeo Ruberto, Condivisibile e non condivisibile. Note su una visione etico-politica della psicoterapia/ Marino Rosso, La filosofia come terapia, saggio su Wittgenstein//PARTE QUARTA – DOVE ACCADONO LE PRATICHE DELLA CURA/ Luciano Mecacci, Cos’è il teatro della mente?/ Silvano Tagliagambe, La cura nello spazio intermedio tra il corpo e la psiche/ Roberto Manciocchi, Il non-luogo della psicoterapia/ Maurizio Alfonso Iacono, La cura tra malinconia e autonomia/ Raffaele Popolo, Chiara Petrocchi, Le rappresentazioni mentali in psicoterapia cognitiva//PARTE QUINTA – IMMAGINI DEI TRAGITTI DI CURA/ Mauro La Forgia, Venticinque anni di Atque. Un tragitto di vita e di cura/ Maria Ilena Marozza, Immagini prospettiche della cura. A mo’ di postfazione//GLI AUTORI//INDICE ARTICOLI “ATQUE” 1990-2014
 

[Anteprima delle prime pagine di ogni articolo del fascicolo.]

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A questa ricerca partecipano sedici pensatori italiani provenienti da ambiti disciplinari diversi e diversamente confinanti tra loro: dalla psicologia all’estetica, dalla filosofia teoretica alla psichiatria, dalla psicoterapia variamente orientata alla filosofia antica, alla storia della scienza e altro ancora.
Gli studi che si raccolgono, hanno in comune l’intento di cogliere le pratiche psicoterapeutiche e quelle filosofiche allorché nel loro intrecciarsi vengono a configurare differenti modi in cui si esercita la cura.

Attraverso questa occasione – dove, nel dialogo, ciascuno ha avuto modo di chiarificare la propria prospettiva – è stato infatti possibile discutere della cura e approfondirne le varie declinazioni. Pensando in un tale spazio, nel mentre la stessa vita concretamente si svolge, è nato un vero e proprio confronto – difficile ma certamente né inutile né noioso.
Molte sono le domande che i varî contributi hanno finito con il veicolare. Rinviando alla loro meditata lettura, qui si può intanto anticipare che gli interrogativi vertono su cosa aver cura, attraverso cosa si cura, dove accadono le varie pratiche della cura, e quali sono le possibili immagini dei tragitti di cura.

I curatori

 

 

1. La rivista semestrale “atque” è nata con il preciso intento di raccogliere materiali e ricerche nell’ambito delle pratiche psicoterapeutiche e insieme a queste, quelle filosofiche – così come il suo sottotitolo recita.
Come titolo, la rivista ha scelto la congiunzione latina atque, per tutta una serie di virtù semantiche che ha finito con il dispiegare – e che qui è opportuno ricordare.
Secondo una certa etimologia che la fa derivare dall’unione di –que, una particella enclitica che serve a coordinare strettamente, con at, una blanda avversativa che si rende in italiano con ‘ma’ o ‘d’altra parte’, atque sarebbe uno strumento logico flessibile, paragonabile a una specie di ‘e/ma’ e quindi a un ‘e/o’.
Secondo un’altra etimologia che la fa invece derivare dall’unione di –que con ad, preposizione che nel latino più antico doveva avere una funzione avverbiale e un senso aggiuntivo, atque sarebbe un ‘e inoltre e per di più’.
Per comprendere le potenzialità semantiche, oltre che volgersi alle sue origini, inevitabilmente incerte, è utile coglierla nel suo campo di applicazione, perché è proprio nel suo uso che si rilevano le possibilità che dispiega.
Fondamentalmente le sue funzioni sono due e risultano collegate tra loro.
Una prima funzione di atque sta nell’esprimere un’intensità relazionale e quindi una coordinazione intensificata: ‘e d’altra parte, e per di più’. Con tale nesso coordinativo, essa consente di trattenere l’attenzione, seppure per un attimo (ma non è poco), sull’importanza che intercorre tra un dato e un altro: ‘si è addormentato, e ubriaco anche’; ‘dentro le mura, e proprio nel cuore della città’; ‘questo, e altro ancora’; “unum atque idem”.
Una seconda funzione di atque sta nell’esprimere un nesso di comparazione tra termini diversi.
È comunque molto probabile che le due diverse funzioni, quella di un nesso a carattere comparativo e quella di un nesso a carattere coordinativo, abbiano in comune un motivo: vale a dire che la marcata coordinazione (‘e d’altra parte’) somigli piuttosto a un gesto logico di confronto. È in quest’ultimo senso che atque si trova infatti ad accompagnare aggettivi e avverbi: ‘uguale a’; ‘altro da’; ‘non diversamente da’; ‘più bello di’. Ed è in tutte queste relazioni, dove assume una forza coordinativa/comparativa, che atque diviene un ponte che crea un passaggio fra termini relativamente differenti.

 

2. C’è da dire – a questo punto – che sin dalla sua fondazione, la rivista “atque” insegue non già l’attualità, bensì cerca di farne e averne esperienza, quell’esperienza che, con Walter Benjamin, si trova in quel continuo andirivieni tra tempi e “infratempi”, ovvero tra momenti di adesione alla vita e momenti di pausa, dove la stessa vita che ancora si svolge, può davvero essere rivisitata e compresa. È dentro l’esperienza di questi “passaggi” o di queste “soglie” cui la stessa scelta del titolo rinvia, che la rivista si è trovata ad affrontare, attraverso fascicoli monografici, questioni centrali che attraversano (e costituiscono) il pensiero sui differenti saperi degli psicoterapeuti e dei filosofi.
È così che nel corso del tempo, la rivista ha potuto mettere in primo piano molteplici questioni che attengono criticamente alla psicologia, alla psichiatria, alla psicoterapia e con queste, alla filosofia. E nel farlo non ha esitato a presentare anche saggi di studiosi provenienti da altri ambiti più o meno confinanti: dalla letteratura all’arte e l’estetica, dalla filosofia della mente alla linguistica, dalla semiologia alla matematica, la fisica e la biologia.
Come si è teso a ripetere: «a partire dall’immagine classica e insieme attuale del medico-filosofo, “atque” intende infatti stimolare e raccogliere ricerche e studi in quello spazio intermedio che la pratica psicoterapeutica e quella filosofica vengono a determinare e contemporaneamente non possono che dare a pensare».
E proprio in quanto “atque” si dà come occasione per pensare, i suoi potenziali lettori sono ( e sono stati) gli psicoterapeuti di vario orientamento (freudiano, junghiano, adleriano, cognitivista – e non solo) e insieme a loro i filosofi, e quindi tutti coloro chi intendano assumere criticamente i propri saperi formalizzati e la tradizione di ricerca cui finirebbero quasi involontariamente con l’appartenere. In particolare, i membri delle numerose e più recenti scuole di psicologia e di psicoterapia oltre che di quelle di maggiore tradizione in Italia, sono quei lettori a cui “atque” intende rivolgersi ponendosi nel contempo in discussione».
Merita ricordare che la rivista ha sempre deciso di mantenersi completamente libera da qualsiasi vincolo istituzionale, universitario e non universitario, e una tale scelta costituisce un’altra sua specificità non marginale – con tutti i potenziali vantaggi ma non senza quegli oneri che materialmente le discendono.

 

3. È su tale sfondo che l’attuale fascicolo dispiega i suoi contenuti, raccogliendoli sotto il titolo: “Figure della cura. Pratiche psicoterapeutiche e pratiche filosofiche”.
Il filo conduttore di questo fascicolo che esce a venticinque anni dalla fondazione della rivista, per quanto sia possibile vuole essere non già celebrativo, bensì attenersi a quella che potremmo definire la “tematica più ampia” che i vari fascicoli hanno finito sin qui con il dispiegare.
I differenti contributi cercano infatti di individuare, in vario modo e comunque criticamente, le specifiche linee di contatto e distinzione fra attività clinica e attività filosofica, che nel corso del tempo sono state particolarmente incisive e rilevanti, o addirittura, oggetto di ripensamento sul modo di considerare le due stesse attività comunque terapeutiche.
Lasciandosi alle spalle norme e regole convenzionali sul sapere pratico e teorico in psicoterapia, i sedici contributi intendono rappresentare una concreta riflessione aperta sui dispositivi effettivamente operanti nella cura – nella pratica terapeutica e le sue varie declinazioni – per cui si interrogano fondamentalmente sul fatto se possa mai generarsi una filosofia senza “scienza” e una scienza senza “filosofia” – nella accezione kantiana di filosofia critica.

Paolo Francesco Pieri

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